Stabat Mater per coro e sei percussionisti |
Organico: | Coro (SATB) e 6 percussioni (2 vibrafoni, campanacci intonati, 2 tam gravi, campane tubolari, 2 marimbe, 2 tai gong gravi, 6 gong intonati, 2 gong gravi, 4 timpani, 10 woodblocks, 12 templeblocks, 2 grancasse) | |
Anno di composizione: | 2007 | |
(c): | Suvini Zerboni 2007 | |
Numero di catalogo: | 13029 (partitura in vendita o disponibile con il materiale a noleggio e in visione)
13030 (materiale a noleggio) |
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Commissioni: | Mécénat Musical Société Général | |
Prima esecuzione: | Blagnac, Odyssud, 23.11.2007
Choeur de Chambre les Eléments, Les Percussions de Strasbourg, dir. J. Suhubiette |
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Durata: | 20' | |
Comporre uno Stabat Mater non significa solo misurarsi con una delle espressioni più alte della musica sacra, ma anche lavorare su un testo poetico di straordinaria e imperitura potenza espressiva. Ivan Fedele ha utilizzato solo i primi otto versetti della sequenza latina attribuita a Jacopone da Todi, quelli del compianto per il dolore di Maria davanti al corpo straziato del figlio morente, che tuttavia propone due volte utilizzando la ripetizione come strumento di scansione espressiva e formale.
Seguendo un'abitudine che lo accomuna ad alcuni grandi compositori, Fedele ha scritto quest'opera pensando agli interpreti che avrebbero sostenuto la prima esecuzione: il Choeur de chambre Les Eléments, uno dei gruppi vocali più raffinati e agguerriti nel panorama della musica francese, e i celeberrimi Les Percussions de Strasbourg, storico ensemble protagonista dell'esperienza contemporanea.
Ne è scaturita una partitura che coniuga con straordinario equilibrio la complessità di tecniche molto evolute, sul piano compositivo ed esecutivo, con la trasparenza di un'emozione rivissuta con spontanea immediatezza.
Ovviamente anche in questo caso la relazione fra gli strumenti a percussione e il coro, che si modifica profondamente nelle due parti di cui il brano si compone, è guidata da concetti che afferiscono alla spazialità. E così le sei postazioni occupate da ciascun percussionista sono collocate a semicerchio e avvolgono il coro posto al centro del palco.
La prima parte, secondo le parole dell'autore, "risponde a una concezione di tipo rappresentativo ed espressivo. È come fosse un quadro espressionista e un ruolo importante lo svolgono le percussioni gravi (timpani e gran casse) le quali riproducono, secondo poliritmie più o meno articolate, una sorta di pulsazione, il battito del cuore della Madre e del Figlio crocifisso. Le altre percussioni servono a supporto armonico delle voci o come riferimento melodico nel sottolineare alcune note pivot delle linee vocali". Tutta la prima intonazione del testo, alquanto più ampia della seconda, è condotta su improvvise e laceranti accensioni seguite da lunghe ed estenuate estinzioni del suono. A queste fasi si alternano dolorose ascese cromatiche, spesso culminanti in dure esplosioni di suono che lasciano dietro di sé un pulviscolo di vibrazioni aeree, momenti concitati in cui le varie sezioni del coro si sovrappongono in complesse strutture ritmiche, zone di esplorazione nell'appena percepibile fatte di fonazioni vocaliche e di pulsazioni accennate.
La seconda intonazione è basata su un corale a due voci moltiplicato per quattro da un procedimento a canone. Il corale ha la veste arcaica dell'originale sequenza gregoriana, ma il trattamento canonico ne polverizza la sostanza armonica oltre che, ovviamente, i contorni melodici. Oltretutto, a sfumare ulteriormente la percezione dei dettagli, Fedele affida le quattro parti del canone a quattro identiche coppie di voci (soprano-contralto). Ne consegue un magico effetto di sospensione, una stasi pulviscolare alla quale danno il proprio contributo gli strumenti metallofoni (tam grave, tai gong grave, gong grave) con isolati e sommessi suoni circolanti fra le sei postazioni. L'autore accosta questa seconda parte a "un'icona dai tratti arcaici stilizzati", vi riconosce una concezione di tipo icastico e individua nel ruolo delle percussioni l'idealizzazione di "un gesto poetico che così assume una forte valenza rituale".
a cura di Claudio Proietti
Writing a Stabat Mater not only means tackling one of the highest expressions of sacred music, but also implies working on a poetic text of extraordinary and enduring expressive power. Ivan Fedele has only used the first eight versets of the Latin sequence attributed to Jacopone da Todi, those featuring Mary's cries of grief before the tortured body of her dying son, which however appears two times using repetition as an instrument of expressive and formal development.
Adopting an approach that brings him in line with several great composers, Fedele wrote this work keeping in mind the artists who were to give its first performance: the Choeur de chambre Les Eléments, one of the most refined and seasoned vocal groups in the French music panorama, and the much celebrated Les Percussions de Strasbourg, the ensemble long-time protagonists of the contemporary scene.
The outcome was a score that achieves an extraordinary balance between the complexity of highly developed techniques, both in terms of composition and performance, and the transparency of an emotion relived with spontaneous immediacy.
It goes without saying that here too the relation between the percussion instruments and the choir, which is modified considerably during the course of the two parts making up the work, is underpinned by concepts that regard spatiality. And thus the six positions occupied by the percussionists are arranged in a semicircle and surround the choir at the centre of the stage.
The first part, in the words of the composer, "responds to a conception of a representative and expressive type. It is as if it were an expressionist painting and an important role is played by the low percussion (timpani and bass drums) which reproduce, with polyrhythms of varying complexity, a sort of pulsation, the heart-beat of the Mother and of the crucified Son. The other percussion instruments serve as a harmonic support to the voices or as a melodic reference point in underlining certain pivot notes of the vocal lines". The whole of the first intonation of the text, somewhat longer than the second, is carried out on sudden and lacerating rises followed by long and extenuated extinctions of the sound. These phases are alternated with agonizing chromatic flares, often culminating in harsh explosions of sound that leave behind them a fine powder of ethereal vibrations, moments of agitation in which the various sections of the choir overlap with each other in complex rhythmic structures, zones of exploration in the barely perceptible, made up of vocalic phonations and the previously mentioned pulsations.
The second intonation is based on a two-part chorale multiplied by four in a canon. The chorale has the archaic mould of the original Gregorian sequence, but the canonic setting pulverizes its harmonic substance as well, of course, as its melodic contours. In addition, to further blur the perception of the details, Fedele gives the four parts of the four-part canon to four identical pairs of voices (soprano-contralto). This results in a magical effect of suspension, a powdery stasis to which the metallic instruments (low tam tams, low Thai gongs, low gongs) add their contribution with isolated and subdued sounds circulating between the six stations. Fedele likens this second part to "an icon with archaic stylized traits" and recognizes a representative type of conception, identifying in the role of the percussion the idealization of "a poetic gesture that thus takes on a strong ritual value".
by Claudio Proietti