Come abbiamo indicato precedentemente, si tratta del secondo confronto di Fedele, a undici anni di distanza dalla prima Maja (1988), con i versi di Giuliano Corti dedicati alla mitologica ninfa, la più anziana e bella delle sette Pleiadi, che, amata da Zeus, generò Ermes e il cui nome rimase nella lingua greca come appellativo di madri, nutrici, donne anziane e benevole.
L'inquietudine che serpeggia nelle parole e che conferisce al testo letterario un ampio ambito espressivo, tanto da prevedere fin dall'origine una voce recitante accanto a quella cantante, si trasferisce intatta alla musica. Ciò è facilmente riconoscibile nel trattamento della voce di soprano che spazia, senza fratture o separazioni evidenti, dal parlato al declamato, dal balbettìo al canto espressivo, da sinuosi effetti di glissando a misteriose risonanze diaframmatiche a infinitesimali accentuazioni fonetiche dei suoni consonantici. Ma lo è anche nella struttura formale del brano che si suddivide in tre grandi parti.
La prima, "Vibrante!", è anche la più estesa e compatta. Allo scatto imperioso ed incisivo dei sei strumenti risponde la voce con un nervoso fraseggio imperniato, come avviene per gli strumenti, intorno a una nota pivot (La e successivamente Re). Alle battute 36 e 37 una improvvisa, ancorché appena percettibile, rottura del tactus, determinata dai tempi 9/16 e 6/16, prepara l'aprirsi di un ampio spazio pervaso da inquiete risonanze vocaliche in eco col clarinetto che alla fine sfumano in un suono tenuto. Ancora l'elemento di rottura introduce la ripresa letterale della sezione iniziale che porta alla conclusione della prima parte con alcune violente strappate guidate dal flauto.
Improvvisamente ferma e del tutto statica, la seconda parte introduce la voce recitante chiamata a sussurrare "accentuando leggermente le consonanti palatali, dentali e sibilanti". I fruscii lontani del pianoforte e del gong aprono spazi misteriosi che sembrano inghiottire il mormorio della voce. Sono solo sette battute, ma segnano uno sconvolgente spartiacque nell'opera che infatti nella fase successiva ("Scorrevole e leggero") è tutto un risuonare di fruscii appena percettibili fatti di trilli del flauto, ribattuti velocissimi del vibrafono e del pianoforte, tremoli serratissimi del violino, armonici cangianti del clarinetto basso e del violoncello, sommessi scivolamenti in glissando della voce. La quale accende più volte gli strumenti con improvvise impennate di salti di settima.
Una battuta di attesa, sospesa su un unico suono del pianoforte risuonante di armonici, avvia la terza parte, "Un po' inquieto", con la voce dal canto morbido ed espressivo quasi declamato, sottilissimi giochi di eco fra clarinetto e violino, un ritmo liquido e frusciante, fantasmagoriche e sfuggenti apparizioni in coppia del flauto e del clarinetto. La nota solitaria e risonante del pianoforte annuncia un nuovo cambio, "Più calmo, trasognato", che però dura solo il tempo di otto battute per lasciare poi spazio a un "Di nuovo inquieto" a sua volta destinato a vivere solo dodici battute. Tutto si ferma di nuovo la voce torna a sussurrare recitando come all'inizio della seconda parte, ma d'ora in poi nulla riuscirà più a stabilizzarsi. I diversi modelli si ripresenteranno alternativamente sempre più sfuggenti, sempre più inafferrabili fino all'estinzione definitiva nel ppppp(!) conclusivo.
E alla fine ci accorgiamo che l'antico potere incantatorio di Maja ha preso il sopravvento. La progressiva semplificazione si rivela capacità estatica e tensione ipnotica.
a cura di Claudio Proietti
As previously mentioned, this is Fedele's second encounter, eleven years after the first Maja (1988), with Giuliano Corti's poem about the mythological nymph, the eldest and most beautiful of the seven Pleiades, who was ravished by Zeus and gave birth to Hermes, and whose name remained in the Greek language to designate mothers, nurses, elderly and benevolent women.
The restlessness that prowls among the words and gives the literary text a particularly broad expressive scope, to the extent of implying the need for both a speaking and a singing voice, is transferred intact into the music. This aspect can easily be recognized in the treatment of the soprano voice, which ranges, without any apparent fracture or separation, from the spoken to the declaimed, from stammering to expressive song, from sinuous glissando effects to mysterious diaphragmatic resonances and endless phonetic accentuations of the consonant sounds. But it is also evident in the formal structure of the piece, which is divided into in three ample parts.
The first, "Vibrante!", is also the most extensive and compact. Following the commanding and incisive affirmation of the six instruments, the voice responds with an unsettled phrasing that hinges, like that of the instruments, around a pivot note (A and then D). In bars 36 and 37 a sudden, though barely perceptible, break in the tactus, determined by the time-signatures 9/16 and 6/16, prepares the way for a broad stretch of space pervaded by troubled vowel sounds, echoed by the clarinet, that finally fades into a held note. The same incursive element introduces the literal recapitulation of the opening section that brings the first part to a close with the occasional violent thrust led by the flute.
Suddenly still and perfectly static, the second part opens with the speaking voice that is instructed to whisper "slightly stressing the palatal, dental and sibilant consonants". The distant rumblings on the piano and gong disclose mysterious spaces that seem to swallow up the murmurs of the voice. This only lasts for seven bars, but these mark a dramatic dividing line in the work, whose next phase ("Scorrevole e leggero") consists entirely of the resonance of indistinct sounds produced by trills on the flute, rapid repeated notes on the vibraphone and piano, urgent tremolos on the violin, shifting harmonics on the bass clarinet and 'cello, and subdued glissando slides in the voice, which on several occasions arouses the instruments with sudden leaps of a seventh.
A bar of expectation, suspended over a single note on the piano resounding with harmonics, introduces the third part, "Un po' inquieto", featuring the soft and expressive singing of the voice, almost declaimed, the subtlest play of echoes between the clarinet and violin, a liquid and bustling rhythm, and phantasmagoric and fleeting joint apparitions of the flute and clarinet. The piano's solitary and resonant note heralds a fresh change, "Più calmo, trasognato", which however lasts only eight bars before giving way to a "Di nuovo inquieto" destined, in turn, to live for only twelve bars. Once more, everything comes to a halt as the voice starts whispering again, reciting as it did at the start of the second part, but from now on all attempts at stability will be in vain. The various models return alternatively but ever fleeting and increasingly remote until they are definitively extinguished in the concluding ppppp(!).
And in the end we realize that Maja's ancient incantatory power has gained the upper hand. The gradual simplification turns out to be ecstatic sway and hypnotic tension.
by Claudio Proietti