Ruah per flauto e orchestra |
Organico: | (3.3.3.3. - 4.4.4.1. - 3 Perc. [Cp., Glock., 5 Tbl., Brass-Chimes, 3 G., Campanacci intonati, Gc., 2 Bg., 3 Congas, Vibr., ] - Pf. - A.) | |
Anno di composizione: | 2002 | |
(c): | Suvini Zerboni 2002 | |
Numero di catalogo: | 12007 (partitura in vendita o disponibile con il materiale a noleggio e in visione)
12008 (materiale a noleggio) |
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Commissioni: | Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino | |
Prima esecuzione: | Torino, Auditorium del Lingotto, 21.3.2002
fl. G. Pretto, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, dir. E. Pomarico |
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Durata: | 23' | |
Anche il terzo 'concerto' per flauto e orchestra di Ivan Fedele (dopo Profilo in eco del 1994-1995 e Corda d'aria del 1999) porta un titolo che indirizza metaforicamente al contenuto dell'opera. Certo non è un caso che sia proprio il flauto a spingere il compositore in questa direzione: vuol dire che le valenze simboliche e archetipiche dello strumento costituiscono un richiamo irresistibile per l'immaginazione del compositore e nello stesso tempo una connotazione che gli è impossibile trascurare. Dunque Ruah, un titolo preso direttamente dal Libro della Genesi nel Vecchio Testamento, una parola che vuol dire "alito", "soffio vitale", "spirito". Ed ecco la metafora dispiegata e svelata: il fiato che attraversa lo strumento e che produce suono, musica e infine senso, trasforma la sua funzione vitale in attività creativa e creatrice.
C'è come una progressione dal biologico al fisiologico, al fisico e infine al metafisico che, secondo lo stesso autore, ha rappresentato lo spunto creativo della composizione. "Essa procede dapprima per tentativi circoscritti di formulare un fraseggio (come alla ricerca di un lessico che associ convenientemente i diversi fonemi in 'parole significanti') raggiungendo poi gradualmente la definizione di un arco di figure musicali che si leghino tra loro secondo i principi di una sintassi organica sempre più percettibile. Come il fiato dà vita all'organismo, così, in questo caso, esso dà vita alla composizione della parte solistica dell'opera. L'orchestra è la sostanza di cui il flauto si nutre; è il contesto armonico nel quale questa metafora si realizza. Ed è anche, diversamente che in altri miei lavori, non solo un ambiente di risonanza, ma anche una matrice delle figure disegnate dal solista che riflettono nell'aria ora profili incandescenti, ora tenui tracce di colore".
Ruah si slancia in un'unica grande arcata senza interruzioni di sorta, ma in realtà propone tre evidenti partizioni che si configurano come la classica alternanza allegro-adagio allegro. La prima è in realtà un organismo complesso dal punto di vista sintattico e architettonico, che articola varie sezioni molto mobili sul piano agogico, ma fondamentalmente coerenti e conseguenti. La seconda ("Calmo"), che prende avvio a battuta 169, è un miracolo di colore orchestrale. Di tutto l'ampio organico rimangono attivi solo viole, violoncelli e contrabbassi divisi, in pppp e tremolo serratissimo al ponticello (che dopo poche battute, con effetto tanto semplice quanto sorprendente, passano a un suono tenuto e non vibrato); su questa base, che somiglia a un rumore di fondo elettronico, il flauto disegna un articolato tracciato melodico che l'autore in partitura indica come un filo teso. Ad accentuare la relazione, non nuova in Fedele, con un mondo sonoro di tipo elettroacustico, poco dopo si aggiungono gong e campane a lastra con interventi dei quali è impossibile percepire i transitori d'attacco e l'articolazione strumentale. Clarinetto basso al grave e due violini all'acuto circoscrivono lo spazio in cui il solista comincia a tracciare figure di trilli in armonici semplici e complessi di grande virtuosismo strumentale e rapidi arpeggi ascendenti e discendenti che lasciano nell'aria vaghe ma evidenti risonanze, come se il flauto avesse un suo doppio impalpabile che traccia misteriose scie nello spazio. È il pianoforte, che su quegli arpeggi si muove nascosto in simbiosi perfetta con il flauto solista e ne spazializza il gesto grazie al pedale di risonanza. La parte veloce finale, che porta l'indicazione Ruah..., è un lungo moto perpetuo di trentaduesimi 'soffiati' del flauto solista cui gli strumenti dell'orchestra danno il cambio solo sporadicamente, ma sempre con esiti di straordinaria efficacia timbrica.
Al momento della pubblicazione di Ruah, Ivan Fedele volle specificare: "Come gran parte delle mie composizioni, anche questo nuovo concerto per flauto e orchestra è nato dalla stretta collaborazione con il solista che ne è il suggeritore e l'interprete al tempo stesso: Giampaolo Pretto, al quale mi lega un sentimento profondo di amicizia e di stima".
a cura di Claudio Proietti
Ivan Fedele's third 'concerto' for flute and orchestra (after Profilo in eco from 1994-1995 and Corda d'aria from 1999) bears a title that once again gives us a clue, metaphorically, about the contents of the work. And it is certainly no chance that it is the flute itself that pushes the composer in this direction: it means that the symbolic and archetypal significance of the instrument constitute an irresistible allure for the composer's imagination and at the same time a connotation that he finds impossible to ignore. The word Ruah comes directly from the Book of Genesis in the Old Testament and means "breath", "vital spark", "spirit". And so the intention of the metaphor becomes clear: the breath that goes through the instrument and produces sound, music and finally sense, transforms its vital function into an activity that is not only creative but also creates.
There is a sort of a progression from the biological to the physiological, to the physical and finally to the metaphysical which, as the composer tells us, represented the starting point for the composition. "At first it moves through various attempts to formulate some sort of phrasing (like the search for a lexicon that satisfactorily unites the phonemes into 'significant words') and then gradually arrives at the definition of an arc of musical figures that are linked to one another through the principles of a organic syntax that becomes more and more perceptible. Just as breath gives life to an organism, so, in this case, it gives life to the composition of the solo part of the work. The orchestra is the substance that nourishes the flute; it is the harmonic context in which the metaphor is realized. And, unlike my other works, it is not only a space of resonance, but also a matrix for the figures outlined by the soloist that are discharged into the air sometimes as incandescent profiles, and sometimes as delicate traces of colour".
Ruah unfurls in a single span without any formal interruptions, but in reality it is made up of three clear divisions that follow the classic arrangement of allegro-adagio-allegro. The first of these is actually a complex organism from a syntactic and architectonic point of view, consisting of various sections that are highly mobile in agogics, but basically coherent and consequential. The second ("Calmo"), which starts at bar 169, is a miracle of orchestral colour. Of the whole vast ensemble only the violas, 'cellos and double basses, divisi, remain active, playing pppp and with very fast tremolos on the bridge (which after a few bars, in an effect as simple as it surprising, changes into a held and non vibrato sound); against this atmosphere, which sounds like electronic background noise, the flute traces a complex melodic outline that the composer marks in the score as un filo teso (a taut thread). Shortly afterwards, to emphasize the relation, not new in Fedele's work, with the sonic world of an electro-acoustic type, the gongs and plate bells join in, playing in such a way that it is impossible to distinguish the transition between the moment of attack and the resulting sound. The bass clarinet in the low register and two violins in the high, enclose the space in which the soloist begins to trace figures made up of trills in harmonics, both simple and complex, calling for great virtuosity, and rapid rising and falling arpeggios that leave vague but distinct echoes in the air, as if the flute had an invisible double that designed mysterious wakes in space. It is in fact the piano, which moves hidden against these arpeggios in perfect symbiosis with the solo flute, that spatializes its line by means of the sustaining pedal. The final fast section, marked Ruah..., is a long moto perpetuo of thirty-second notes 'breathed' by the solo flute, sporadically taken over by the instruments of the orchestra, but always resulting in an extraordinarily effective display of timbre.
At the time of the publication of Ruah, Ivan Fedele wished to specify: "Like a large part of my compositions, this new concerto for flute and orchestra is again the outcome of a close collaboration with the soloist, who both suggested the piece and performed it: Giampaolo Pretto, to whom I am attached by a deep sentiment of friendship and esteem".
by Claudio Proietti
Ivan Fedele - Scena - Ruah - Concerto (2003) fl. G. Pretto, vc. J.G. Queyras, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, dir. P. Rophé
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· Bigorie Jérémie (2016), 'Ivan Fedele et Fausto Romitelli: deux valeurs sûres de la musique contemporaine italienne pour clore le festival Présences 2016'.
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· Rigaudière Pierre (2016), 'Radio France : bilan flatteur pour le Festival Présences'.
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· Woolf Peter Grahame, 'Fedele concertos review', in Musicalpointers.co.uk.
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