Two Moons per due pianoforti ed elettronica |
Gli anni che intercorrono fra il 1983 e il 2000 sono cruciali per la definizione del ruolo dell'elettronica nella musica di Fedele. Lo si è già visto in varie occasioni in precedenza e il tema è approfondito in altre parti di questo volume. Tuttavia basterà l'osservazione di questo Two Moons per averne un'idea inequivocabile.
Nel 1983 Fedele pubblica Armoon per quattro pianoforti. Un organico inconsueto che apre possibilità risonanti e combinatorie di insolita ampiezza. Nel 2000 il compositore ritorna su quell'opera e la riproduce in forma letterale, con la sola differenza che in questo caso affida a due strumenti virtuali il ruolo che era stato del primo e del quarto pianoforte.
I due strumenti virtuali sono presenti su tracce elettroacustiche premixate che propongono esattamente le parti come sono scritte in partitura ma elaborate digitalmente. L'evoluzione tecnologica consente dunque al compositore di realizzare, in modo definitivo e fisicamente quasi aggressivo, quell'effetto continuo di risonanza, di rifrazione, di distorsione che era il motivo d'interesse più spiccato in Armoon, ma che in quella veste era sottomesso all'alea delle capacità manuali degli interpreti.
Come sempre in questi casi, decisiva è la disposizione spaziale degli elementi: i due pianoforti 'reali' sono in scena (senza coperchi e sonorizzati), gli altoparlanti che diffondono su sei canali i due strumenti 'virtuali' circondano il pubblico in platea. Tenendo conto di questa situazione d'ascolto si può meglio comprendere l'intenzione di Fedele di agire "su prospettive incrociate tali da ricreare nello spazio ciò che nella partitura è riconducibile ad un classico sfasamento macro/micro polifonico". Effetto ottenuto elaborando la composizione su tre dimensioni: la prima tra i due pianoforti sulla scena, la seconda tra i due strumenti virtuali diffusi dagli altoparlanti che abbracciano la sala, la terza tra gli uni e gli altri.
Secondo l'autore «Two Moons è un tipico esempio di ars combinandi, ovvero quella tecnica compositiva per cui figure musicali differenti si intrecciano le une alle altre con diverse periodicità ('orbite') dando così luogo a costellazioni di densità variabile. Al contrario dell'ars componendi (per cui ogni figura subisce trasformazioni progressive ad ogni suo ritorno) l'ars combinandi, mutuata da modelli extraeuropei, ripresenta gli stessi oggetti sonori praticamente immutati dal punto di vista morfologico.
L'idea del mantra è l'archetipo formale ed estetico al quale questa composizione si rifà. Di conseguenza l'ascolto è inevitabilmente portato a privilegiare la dimensione contemplativa nella quale i suoni si avviluppano su se stessi tracciando spirali intrecciate di risonanze magnetiche".
Si veda anche Armoon (1983-1984).
a cura di Claudio Proietti
The years between 1983 and 2000 are crucial in defining the role of electronics in Fedele's music. This subject has already been mentioned on several occasions and is covered in more detail in other chapters of this book. However, a close study of Two Moons will help us have an unequivocal idea of the situation.
In 1983 Fedele published Armoon for four pianos. An unusual alliance that opened up an uncommonly wide range of sonic and combinative possibilities. In 2000 the composer returns to this work and reproduces it in literal form, with the sole difference that in this case the first and fourth pianos have become virtual.
The two virtual instruments are on pre-mixed electro-acoustic tracks that present the parts exactly as they are written in the score but with digital elaboration. The evolution of technology now allows the composer to realize, definitively and in an almost aggressively physical fashion, the continuous effect of resonance, refraction and distortion that was one of the focal points of Armoon, but which in that case was left at random to the manual skills of the performers.
As always in such cases, the spatial arrangement of the elements is decisive: the two 'real' pianos are on the stage (without lids and sonorized), the loudspeakers broadcasting the two 'virtual' instruments on six channels are set around the audience in the hall. This arrangement can help us appreciate better Fedele's intention to work "on crossed perspectives so as to recreate in space what in the score represents a classic case of macro/micro polyphonic dephasing". An effect obtained by elaborating the composition on three dimensions: the first between the two pianos on stage, the second between the two virtual instruments transmitted by the loudspeakers around the hall, the third between both of these elements.
The composer tells us that "Two Moons is a typical example of ars combinandi, in other words the compositional technique in which different musical figures intertwine with one another in different periodicities ('orbits') thus giving rise to constellations of varying density. Contrary to ars componendi (where each figure undergoes progressive transformations each time it returns), in the ars combinandi, borrowed from extra-European models, the same sound objects return practically unchanged from a morphological point of view.
This work makes reference to the formal and aesthetic archetype of the mantra. As a consequence the listener is inevitably drawn more towards the contemplative dimension in which the sounds become enwrapped in tangled spirals of magnetic resonance".
See also Armoon (1983-1984).
by Claudio Proietti
Ivan Fedele - Two Moons (2013) pf. M.G. Bellocchio
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