Recentemente il matematico russo Grigoriy Perelman ha risolto la cosiddetta “Congettura di Poincaré”, uno dei quesiti più intriganti che ha impegnato per oltre un secolo i più grandi matematici nel tentativo di una dimostrazione. Esiste una branca della matematica che viene chiamata Topologia e che studia la proprietà delle figure e delle forme che non cambiano quando subiscono delle deformazioni continue, cioè senza strappi, incollature o sovrapposizioni. Si definiscono omeomorfi due oggetti che possono essere deformati l’uno nell’altro in modo continuo. Per esempio un cubo e una sfera sono omeomorfi, così come lo sono un parallelepipedo e un dodecaedro. Non sono omeomorfi una sfera e una ciambella con un buco (chiamata toro) in quanto è impossibile una deformazione che porti a una loro coincidenza. In Topologia è inoltre molto importante il concetto di varietà (manifold nei trattati in lingua inglese) che consiste in uno spazio localmente simile a uno spazio euclideo. Per fare un esempio la superficie terrestre è localmente simile a un piano a due dimensioni. Il concetto stesso di mappa proviene da questa proprietà di poter assimilare localmente il territorio a uno spazio euclideo in due dimensioni. Una varietà è detta semplicemente connessa se è fatta di un pezzo solo e non ha buchi. Questa affermazione un po’ all’ingrosso può essere resa rigorosa introducendo il concetto di cammino o laccio. Date queste premesse sarà facilmente intuibile il progetto formale e, perché no?, estetico dei Deystviya (“azioni” in russo): i tre movimenti di cui si compone la composizione realizzano ora delle forme omeomorfe ora dei tori in processi di continuità e discontinuità che si alternano, contrappongono, integrano nella mappa della partitura come in quella dello spazio nel quale gli strumenti sono collocati.
Ivan Fedele 25.8.2011