Imaginary Islands per flauto, clarinetto basso e pianoforte |
Anno di composizione: | 1992 | |
(c): | Suvini Zerboni 1992 | |
Numero di catalogo: | 10458 | |
Commissioni: | Associazione Musica Insieme, Cremona | |
Prima esecuzione: | Cremona, Spazionovecento, 5.12.1992
Het Trio |
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Durata: | 10' | |
Nell'intuizione originaria del pezzo coesistono principi opposti e generatori di tutti i contrasti. Si tratta di un complesso sistema di relazioni, organizzato in macrostrutture e microstrutture che ne riflettono, in piccolo, le proporzioni, secondo la logica dei frattali matematici. La forma generativa, applicata tanto alla piccola dimensione quanto alla grande, è quella ad arco che procede dalla rarefazione, di uno o più parametri, verso un culmine di densità per poi tornare alla stato iniziale.
La prima "isola" è in realtà un arcipelago in cui si distinguono tre grandi entità, a loro volta formate da "isolotti" in cui agiscono figure analoghe che trascorrono da uno strumento all'altro. La forma ad arco conferisce al processo direzionale di ognuno di essi un respiro quasi fisico nella cui continuità sono però presenti punti di riferimento percettivo ben precisi: le figure sono infatti ordinate secondo gerarchie che conferiscono alle più importanti di esse il ruolo di pivots temporels, cioè di veri e propri perni fraseologici e dimensionali.
La seconda isola, che racchiude due unità, affida invece a ogni strumento materiali più specifici. I fiati avviano questa fase della composizione in perfetta sincronia; poi si distanziano attraverso sottili sfasature progressive fino a un culmine di lontananza dal quale prende avvio un processo coesivo nei percorsi del clarinetto basso e del pianoforte.
Lultima isola è invece composta di un unico corpo che identifica figure peculiari per ciascuno strumento: evoluzione di quelle iniziali per i fiati, del tutto nuove per il pianoforte. La conclusione del pezzo è tutta giocata su minimi effetti di risonanza canonica fino allestinzione finale.
Questa complessa struttura compositiva sarà alla base di successivi e più ampi lavori di Fedele.
a cura di Claudio Proietti
The basic idea behind this piece is the coexistence of opposing principles that generate a whole range of contrasts. It consists of a complex network of relations, organized into macro structures and micro structures that reflect, in miniature, the same proportions, following the logic of mathematical fractals. The underlying form, applied on both a small and large scale, is that of a curve that moves from rarefaction, of one or more parameters, towards a dense climax and then back to the original state.
The first "island" is in reality an archipelago made up of three large bodies that are in turn composed of smaller "islets" in which similar figures interact and move from one instrument to the other. The arc form guiding the development of each islet results in a prolonged almost physical breath whose continuity is nevertheless signed by precise points of reference that are readily perceived: the figures are in fact arranged in hierarchies in which the most important are given the role of temporal pivots, that is to say phraseological and dimensional markers.
In the second "island", made up of two units, each instrument is given more specific material. The wind begin this section in perfect synchrony; and then become gradually and increasingly out-of-phase; having reached a maximum of distance, they subsequently give way to the more cohesive designs of the bass clarinet and the piano.
The last "island" is composed of a single unit in which each instrument has its own peculiar figures: a development of the initial figures for the wind, and totally new figures for the piano. The piece concludes with a play on minimum effects of canonic resonance until finally dying away.
Fedele later used this complex structure as the basis for other more extensive works.
by Claudio Proietti
Ivan Fedele - Maja (2004) Sopr. F. Kubler, Ensemble Accroche Note
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