Odós per oboe e coro misto |
Anno di composizione: | 2004 | |
(c): | Suvini Zerboni 2004 | |
Numero di catalogo: | 12491 (partitura in vendita o disponibile con il materiale a noleggio e in visione) e Mat. N.
12492 (parte solista) |
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Commissioni: | SWR Stoccarda | |
Prima esecuzione: | Stoccarda, Festival Eclat, Theaterhaus Pragsattel, 30.1.2005
ob. H. Holliger, SWR Vokalensemble Stuttgart, dir. M. Creed |
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Durata: | 23' | |
Secondo le parole del compositore "Odós è un canto alla vita, vista attraverso gli 'occhi dell'anima'".
Dopo alcune prove giovanili, i brani per voce solista e lo splendido esito di Animus anima (2000), questa composizione segna l'approdo, in una forma tecnicamente assai complessa, alla vera e propria scrittura corale. Un'altra tappa nel percorso di avvicinamento all'opera che si compirà l'anno successivo con Antigone.
Dunque un "canto alla vita" connaturato alla sensibilità di Fedele per la voce che, come scrive lui stesso, "è, dopo la vita animata, la prima espressione tangibile dell'esistenza e il canto ne è la sublimazione. Non solo. La voce è anche espressione personale, unica e inconfondibile. È suono simile ad altri suoni della stessa natura ma pur sempre 'unico' ! Questa semplice meraviglia ciascuno di noi la porta dentro di sé, nel 'sé', ed è un tesoro che abbiamo potuto conoscere fin dall'alba dell'umanità. Il primo strumento che l'uomo abbia mai usato per esprimere le proprie emozioni e comunicarle al mondo. Anzi, è lo strumento per antonomasia, l'archetipo di tutti gli strumenti musicali".
In tal senso è fortemente simbolica ed emotivamente efficacissima la presenza solistica dell'oboe "strumento antico e originario dei luoghi desertici in cui le anime dei mistici si sono sottoposte alla prova della trascendenza. L'oboe è il dialogante del coro: l'individuo che si integra con e nella natura, ma che al tempo stesso sente il bisogno di superarla in uno slancio metafisico".
Odós è una pagina di ampio respiro che utilizza quattro testi del Rinascimento italiano e del Romanticismo tedesco, inframmezzati da alcune parole del Vecchio Testamento, che descrivono la natura e l'origine dell'uomo e dell'anima.
Questa è la successione delle varie sezioni che si susseguono senza interruzioni con i relativi testi. Prologo (dal Vecchio Testamento: 'adamah, 'adam); Stanza prima (Leonardo da Vinci: Lo istante non ha tempo [...] Il punto non ha parte [...] Il nulla è privazione dell'essere); Interludio primo (dal Vecchio Testamento: rûah, neshamah, nishamat-hajjîm, nefesh hajjîah); Stanza seconda (Goethe: Seele des Menschen, / wie gleichst du dem Wasser! / Schicksal des Menschen, / wie gleichst du dem Wind!); Interludio secondo (dal Vecchio Testamento: basar, lêb); Stanza terza (Michelangelo Buonarroti: Mentre c'alla beltà ch'i vidi prima / appresso l'alma, che per gli occhi vede, / l'immagin dentro cresce, e quella cede / quasi vilmente e senza alcuna stima / Amor, c'adopra ogni suo ingegno e lima, / perch'io non tronchi il fil ritorna e riede.); Interludio terzo (dal Vecchio Testamento: selem, demît); Stanza quarta (Hölderlin: Was ist der Menschen Leben? / Ein Bild der Gottheit!); Epilogo (dal Vecchio Testamento: rahamim, 'ish, 'isshah).
L'autore ha dichiarato di "aver voluto trasformare, attraverso l'iterazione, l'immagine proposta dal testo di Leonardo, ieratica nella sua immobilità, in una sorta di 'preghiera della natur'". E ancora che "mentre lo slancio dei versi di Goethe ci fa immergere nel mondo vivente della natura, in cui l'anima pervade di spirito gli elementi e ne è, a sua volta pervasa, la musica esprime questa reciprocità attraverso uno slancio espressivo che procede ad ondate in cui l'oboe galleggia su un coro compatto e fluttuante al tempo stesso". A proposito del sonetto di Michelangelo, Fedele scrive che "ci parla dell'immagine di Dio che l'anima va costruendo dentro di sé attraverso l'esperienza dell'amore per ciò che essa vede. Ho voluto interpretare questa figura trascendente attraverso una poliritmia a densità variabile, alternata a veri e propri momenti di contemplazione e di sospensione del tempo, affidati alle voci maschili nel registro medio grave. La poliritmia è intesa come la ricomposizione di un'immagine per mezzo di frames di grandezza e colore diversi i quali, mescolandosi, danno luogo ad una vivida complessità significante. E l'oboe si integra in questo processo, ora assimilandosi al coro, ora distaccandosene per brevi tratti". Infine il distico di Hölderlin che Fedele considera come "una sorta di glossa al sonetto di Michelangelo. Cambia radicalmente, però, lo slancio musicale che qui è vivido nel suo incalzare drammatico. La serrata alternanza di parti polifoniche e blocchi compatti è musicalmente autonoma e non mi sembrava richiedere alcun intervento dell'oboe solista se non per le battute finali, a guisa di punteggiatura: un rimando all'archetipo, che è una delle ragioni di questa composizione".
a cura di Claudio Proietti
In the words of the composer "Odós is a hymn to life, seen through the 'eyes of the soul'".
After the early experiments, several works for solo voice and the splendidly accomplished Animus Anima (2000), this composition marks his definitive arrival, in a fairly complex technical form, at choral writing true and proper. Another step in the path that would lead him towards the writing of the opera Antigone in the following year.
A "hymn to life", therefore, reflecting a concept that forms an integral part of Fedele's sensibility towards the voice. As he himself explains, "the voice, after life has been animated, is the first tangible expression of existence and song represents its sublimation. Not only. The voice is also a personal expression, unique and unmistakeable. It is sound, similar to other sounds of the same nature and yet always 'unique'! Each of us carries this simple wonder within ourselves, in our 'self', and it is a treasure that we have been able to recognize right from the dawn of humanity. The first instrument that man ever used to express his own emotions and communicate them to the world. More so, it is the primordial instrument, the archetype of all musical instruments".
In this sense the presence of the solo oboe is strongly symbolic and highly emotive: «an ancient instrument originating from desert areas where the souls of the mystics submitted themselves to the test of transcendence. The oboe is the interlocutor of the choir: the individual that integrates with and within nature, but that at the same time feels the need to overcome it in a surge of metaphysics".
Odós is a broadly-conceived piece that uses four texts from the Italian Renaissance and German Romanticism, interspersed with words from the Old Testament, which describe the nature and origin of man and his soul.
Here is a list of the various sections and the relative texts, which follow each other without interruption. Prologue (from the Old Testament: 'adamah, 'adam); First stanza (Leonardo da Vinci: Lo istante non ha tempo [...] Il punto non ha parte [...] Il nulla è privazione dell'essere); First interlude (from the Old Testament: rûah, neshamah, nishamat-hajjîm, nefesh hajjîah); Second stanza (Goethe: Seele des Menschen, / wie gleichst du dem Wasser! / Schicksal des Menschen, / wie gleichst du dem Wind!); Second interlude (from the Old Testament: basar, lêb); Third stanza (Michelangelo Buonarroti: Mentre c'alla beltà ch'i vidi prima / appresso l'alma, che per gli occhi vede, / l'immagin dentro cresce, e quella cede / quasi vilmente e senza alcuna stima / Amor, c'adopra ogni suo ingegno e lima, / perch'io non tronchi il fil ritorna e riede.); Third interlude (from the Old Testament: selem, demît); Fourth stanza (Hölderlin: Was ist der Menschen Leben? / Ein Bild der Gottheit!); Epilogue (from the Old Testament: rahamim, 'ish, 'isshah).
Fedele declared that he had "wished to transform, through iteration, the image suggested by Leonardo's text, solemn in its immobility, into a sort of 'prayer to nature'". And that "while the mood of Goethe's verses immerses us in the living world of nature, in which the spirit of the soul pervades the elements and is, in turn, pervaded by them, the music expresses this reciprocity through an expressive mood that moves in waves where the oboe floats above a chorus that is at once compact and fluctuating". Regarding the sonnet by Michelangelo, Fedele writes that "it speaks of the image of God that the soul gradually builds within itself through the experience of the love of what it sees. I wanted to construe this transcendent figure through a polyrhythm of varying density, alternated with moments of true contemplation and suspension of time, assigned to the male voices in the medium-low register. The polyrhythm is intended as a re-composition of an image by means of frames of differing size and colour which, on blending together, produce a vivid and significant whole. And the oboe integrates itself within this process, at times merging with the choir, at others remaining aloof for brief stretches". And finally the couplet by Hölderlin, which Fedele considers "a sort of gloss to Michelangelo's sonnet. However, the musical inclination changes radically, as here it is vivid in its dramatic urgency. The tight alternation between the polyphonic parts and the compact blocks is musically independent and I didn't think any contribution from the oboe was needed except in the final bars, like a form of punctuation: a hark back to the archetype, one of the motivations for this composition".
by Claudio Proietti