Ali di Cantor per quattro gruppi strumentali |
Organico: | (2.2.3.1.1 - 2.2.2.1. - 2 Pf. - Sintetizzatore, 2 Perc. [2 Glock., 2 Brass chimes, 2 Mr., 2 Vibr., 2 G.] - A.: 2.2.2.2.1.) | |
Anno di composizione: | 2003 | |
(c): | Suvini Zerboni 2003 | |
Numero di catalogo: | 12311 (partitura in vendita o disponibile con il materiale a noleggio e in visione)
12312 (materiale a noleggio) |
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Commissioni: | Ensemble Intercontemporain | |
Prima esecuzione: | Parigi, Cité de la Musique, 23.4.2004
Ensemble Intercontemporain, dir. P. Boulez |
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Durata: | 30' | |
Ali di Cantor è un'opera molto importante nel percorso compositivo di Fedele. Lo è per evidenti ragioni esterne, prime fra tutte la commissione da parte dell'Ensemble Intercontemporain e la cura della prima esecuzione assunta dallo stesso Pierre Boulez che è anche il dedicatario del lavoro. Ma lo è anche relativamente alle sue peculiarità artistiche, alla sua più intima natura linguistica che sembra riuscire a condensare in 30 minuti l'essenziale della ricerca compiuta nel decennio precedente e l'annuncio lucidissimo di quella che occuperà gli anni a venire.
Basta la semplice osservazione della partitura a renderne l'evidenza.
La spazialità. L'opera è acusticamente strutturata su quattro gruppi strumentali disposti secondo una precisa collocazione meticolosamente indicata in un apposito grafico. Il Gruppo A e il Gruppo B, piazzati in diagonale ai lati del palco, sono identici e speculari e comprendono ciascuno - procedendo dall'esterno verso l'interno - un flauto (anche ottavino), un oboe e un clarinetto nella prima fila, un glockenspiel (anche vibrafono e brass chimes), una tromba, un corno e un trombone nella seconda fila. Il Gruppo C è al centro del palco, davanti al podio del direttore, ed è composto da due violini, agli estremi del semicerchio, e poi, sempre con disposizione contrapposta, due viole e due violoncelli; al centro un contrabbasso e un sintetizzatore che mixa in un solo timbro i suoni del pianoforte, del vibrafono e dell'arpa. Il Gruppo D è collocato in fondo alla scena e prevede due pianoforti alle estremità opposte un clarinetto basso (anche clarinetto contrabbasso), un fagotto, un controfagotto, una tuba e marimba (anche gong medio-grande e gong grande). Evidente è dunque la costruzione di un ambiente in cui fra i gruppi A e B, le "ali" del titolo, sia possibile instaurare tanto la relazione battente a doppio coro quanto quella stereofonica, mentre ai gruppi C e D siano affidate le funzioni di determinare l'ambiente sonoro, di operare come sfondo di risonanza, di "lanciare" frammenti di figure.
La forma. Ali di Cantor si articola in sei sezioni non separate ma nettamente differenziate l'una dall'altra. I titoli di ciascuna parte, con l'adozione della lingua latina e il riferimento a precisi procedimenti contrappuntistici, rimandano in modo chiaro a un ambito arcaico: I Resonantia simplicis, II Speculum cum canone proprio, III Hoquetus, IV Multiplicis echo, V Canon extentum, VI Cauda. L'insieme dei sei pannelli realizza una struttura perfettamente ponderata che colloca al primo e al sesto posto due pagine con funzione rispettivamente introduttiva e conclusiva, l'una di 55 e l'altra di 65 battute. Resonantia simplicis, come il titolo ben rivela, stabilisce l'ambiente di risonanza adatto ad accogliere tutto ciò che verrà, tanto che ai due vettori principali della composizione (Gruppo A e Gruppo B) toccano solo poche e secche coppie di suoni affidate ai vibrafoni (in relazione con i pianoforti) e collocate su un tappeto di armonici sovracuti degli archi. Cauda stabilisce un rapporto pressoché analogo fra i vari gruppi: gli archi e i legni gravi (gruppi C e D) sono incaricati di stabilire una fascia di suono costante tesa alla più assoluta continuità, mentre strette relazioni di proposta-risposta e scambio si intessono fra gli strumenti dei gruppi A e B e i due pianoforti, fino all'inesorabile estinzione nel balbettio dei due suoni da cui tutto era cominciato. Immediatamente accanto a queste sezioni, al secondo e quinto posto con chiara simmetria speculare, sono collocati i due movimenti più ampi e complessi. Essi definiscono la propria sostanza tecnico-linguistica già nei titoli (Speculum cum canone proprio e Canon extentum), si estendono rispettivamente per 183 e 178 battute, sono legati da strette parentele per i materiali figurali impiegati e i procedimenti elaborativi attuati, sono dominati da un moto febbrile e tempestoso. C'è però fra loro una differenza sostanziale: Speculum cum canone proprio contiene al suo interno una ricca articolazione metrica e agogica (i vari episodi sono segnalati dalle indicazioni "Con slancio impulsivo!", "Agitato...", "Ampiamente...", "... con andamento flessibile. Risonante") che si sovrappone ai continui cambi di battuta; viceversa il Canon extentum mantiene inesorabile per tutto il suo corso l'indicazione "Agitato!" e la pulsazione della croma fissata dal compositore a "129/132 almeno!". Infine, il corpo centrale della vasta architettura di Ali di Cantor è costituito da due pannelli nettamente differenziati: Hoquetus (la curiosa indicazione in testa al brano è "Un meccanismo... infallibile?") che esalta in un funambolico gioco di botta e risposta fra i vari gruppi strumentali le potenzialità della figura di due suoni iniziale e si apre ogni tanto a repentine fermate fatte di suoni tenuti e di grotteschi scivolamenti del clarinetto contrabbasso e del controfagotto; e Multiplicis echo, un movimento lento in 4/4 di 48 battute, da eseguire "Con simbolismo arcaico...", avviato dalle risonanze dei gong, condotto sull'estrema divaricazione delle altezze fra i suoni tenuti dei legni gravi e i trilli acutissimi dei flauti e poi sempre più popolato da guizzanti figurazioni arpeggiate, da vibranti singole note dei violini, da lancinanti e inascoltati appelli melodici del clarinetto, del flauto e dell'oboe.
La struttura. La forma appena descritta non può non richiamare alla mente quella classica della sinfonia in quattro tempi (in questo caso preceduta da un'introduzione e conclusa da una coda), con lo scherzo (hoquetus) in seconda posizione. A tale suggestione contribuisce l'osservazione di come anche nei movimenti più ampi e complessi (il secondo e il quinto), Fedele tenda qui a ridurre all'essenziale le figurazioni e le matrici, a sintetizzare il più possibile la scelta dei campi.
Il pensiero. L'idea dominante è quella della complessità. La portata e l'impegno delle idee messe in gioco in questo brano è difficilmente descrivibile, ma ineludibile all'ascolto e alla semplice lettura (oltretutto il compositore auspica anche la disponibilità di un fondale illuminato in modo diffuso e in controluce con i colori blu cina, ocra, rosso-arancio, verde erba, violetto e bianco, uno per ogni parte della composizione). La complessità che scaturisce dalla massima semplicità (due note !) quasi a definire un atto vitale, la generazione e la crescita di un organismo. Scrive Fedele: "Ali di Cantor è un titolo a prima vista ermetico ma che racchiude in sé le tematiche fondamentali di questa composizione. La 'drammatizzazione dello spazio' (definizione che mi è cara e che ho usato spesso per sintetizzare la mia poetica nei pezzi in cui la spazializzazione gioca un ruolo centrale), avviene secondo i principi elementari della 'teoria degli insiemi' di cui il matematico Georg Cantor è stato uno dei massimi teorici (principi di appartenenza, estraneità, condivisione, contiguità, intersezione, ecc.). Ma Cantor (in tedesco con la 'K') era anche l'appellativo di Johann Sebastian Bach! E qui arriviamo alla seconda tematica portante della composizione. Infatti in essa vengono usate largamente alcune tecniche contrappuntistiche tra le più note (soprattutto il canone, nelle sue molteplici varianti, e l'hoquetus) per elaborare un materiale armonico di natura e origine eminentemente spettralista. La composizione è dedicata a Pierre Boulez al quale la mia generazione deve un insegnamento illuminante".
a cura di Claudio Proietti
Ali di Cantor represents a very important step in Fedele's evolution as a composer. Firstly for evident external reasons, above all the fact that it was commissioned by the Ensemble Intercontemporain and that its first performance was conducted by Pierre Boulez, to whom the work is dedicated. But also on account of its artistic peculiarities, its more intimate linguistic nature that seems able to condense into 30 minutes the essence of the path he had pursued over the previous decade and the unequivocal proclamation of what would come in the subsequent years.
A simple study of the score will suffice to endorse this fact.
The spatiality. The acoustic structure of the work is provided by four groups of instruments set in a very precise arrangement meticulously described in a diagram provided for this purpose. Groups A and B, positioned diagonally at the sides of the stage, are identical and specular, and each contains from the outer aspect to the inner a flute (and a piccolo), an oboe and a clarinet in the first row, a glockenspiel (and a vibraphone and brass chimes), a trumpet, a horn and a trombone in the second row. Group C is at the centre of the stage, in front of the conductor's podium, and is made up of two violins, at the extremes of the semi-circle, and then, again with one on each side, two violas and two 'cellos; at the centre of the group there is a double bass and a synthesizer that mixes the sounds of the piano, vibraphone and harp into a single timbre. Group D is placed at the back of the stage and is made up of two pianos at the opposite extremes a bass clarinet (and a double-bass clarinet), a bassoon, a double bassoon, a tuba and a marimba (also medium-large gong and large gong). An environment has thus been created where it is possible to exploit both a split double-choir relationship and a stereophonic effect between groups A and B, which make up the "ali" ("wings") of the title, while the role of groups C and D is to establish the sonic environment, to act as a resonant background and to 'launch' fragments of figures into the air.
The form. Ali di Cantor consists of six sections that are not separated as such but are nevertheless clearly differentiated one from the other. The titles of each part, in Latin and referring to precise types of counterpoint, clearly evoke an archaic atmosphere: I Resonantia simplicis, II Speculum cum canone proprio, III Hoquetus, IV Multiplicis echo, V Canon extentum, VI Cauda. The set of six panels make up a perfectly conceived structure in which the first and sixth sections assume a role that is respectively introductory and concluding, the former of 55 bars and the latter of 65. Resonantia simplicis, as the title clearly indicates, establishes a simple environment of resonance able to embrace all that will come, and in fact the two main vectors of the composition (Groups A and B) are given just a few, dry couples of notes on the vibraphones (in conjunction with the pianos) set against a carpet of very high harmonics on the strings. The concluding section, Cauda, establishes a very similar relationship between the various groups: the strings and the lower wind (Groups C and D) are responsible for establishing a constant band of sound that aims at the most absolute continuity, while a close relation of statement-response and exchange is woven between the instruments of groups A and B and the two pianos, until inexorably fading into extinction with the stuttering repetition of the two notes from which everything had begun. Immediately alongside these sections, situated in second and fifth place with a clear mirror symmetry, are the two longest and most complex movements, whose technical-linguistic substance is already preannounced in the titles (Speculum cum canone proprio and Canon extentum). Lasting respectively for 183 and 178 bars, they are closely related in the figural material used and the elaborative procedures enacted, and are dominated by febrile and tempestuous activity. There is, however, a substantial difference between the two: Speculum cum canone proprio contains a rich variety of meters and agogics (the various episodes are marked "Con slancio impulsivo!", "Agitato...", "Ampiamente...", "... con andamento flessibile. Risonante") which correspond to the constant changes in beat; the Canon extentum, on the other hand, remains relentlessly "Agitato!" throughout the whole of its course, and likewise maintains the eighth-note beat of "129/132 almeno!" stipulated by the composer. Finally, the central body of the vast architecture of Ali di Cantor is made up of two clearly differentiated panels: Hoquetus (the curious sub-heading given to the piece is "Un meccanismo... infallibile?"), in which the potentials of the figure of two initial notes are explored in an acrobatic play of thrust and parry between the various instrumental groups, occasionally interrupted by sudden pauses consisting of held notes and grotesque slides on the double-bass clarinet and double bassoon; and Multiplicis echo, a slow movement in 4/4 lasting 48 bars, to be played "Con simbolismo arcaico...", beginning with the resonance of the gongs, it proceeds with the extreme stretching apart of the pitches between the held notes of the low wind and the very high trills of the flutes and is then increasingly pervaded by darting arpeggio figures, vibrating single notes on the violins, and piercing and unheeded melodic appeals on the clarinet, flute and oboe.
The structure. The form described above cannot help but bring to mind the classical form of the symphony in four movements (in this case with an introduction at the beginning and a coda at the end), with the scherzo (hoquetus) in second position. This impression is heightened by the way that even in the longest and most complex movements (the second and the fifth), Fedele tends to reduce the figurations and the matrices down to the bare essential, to limit his choice of fields to the minimum possible.
The concept. The predominant idea is that of complexity. The range and weight of the ideas proposed in this piece is hard to describe, but inescapable on listening and at a simple reading (in addition, the composer also suggests using, if available, a backdrop illuminated with diffused back lighting showing the colours china-blue, ochre, orange-red, grass green, violet and white, one for each part of the composition). A complexity that is born out of sheer simplicity (two notes !), almost as if defining a vital act, the generation and growth of an organism. Fedele writes: "Ali di Cantor is a title that is at first obscure but that holds within it the fundamental themes of this work. The 'dramatization of space' (a definition dear to me that I have often used to summarize my approach in the pieces where spatialization plays central role), takes place on the basis of the elementary principles of the 'set theory' of which the mathematician Georg Cantor was one of the greatest proponents (principles of belonging, extraneity, sharing, contiguity, intersection, etc.). But Cantor (in German spelled with a 'K') was also the position held by Johann Sebastian Bach! And this brings us to the second underlying theme of the work. In fact the piece makes wide use of some of the most well known contrapuntal techniques (notably the canon, in its many forms, and the hoquetus) in order to elaborate harmonic material whose nature and origin is eminently spectralist. The composition is dedicated to Pierre Boulez to whom my generation owes an enlightened teaching".
by Claudio Proietti