Concerto per violoncello e orchestra |
Organico: | (3.3.3.3. - 4.3.2.1. - A.) | |
Anno di composizione: | 1996 | |
(c): | Suvini Zerboni 1996 | |
Numero di catalogo: | 11135 (partitura in vendita o disponibile con il materiale a noleggio e in visione)
11136 (materiale a noleggio) |
|
Commissioni: | Radio France | |
Prima esecuzione: | Parigi, Radio France, Festival “Présences”, 27.2.1997
vc. J.G. Queyras, Orch. National de France, dir. L. Slatkin |
|
Durata: | 22' | |
Il Concerto per violoncello e orchestra continua il tracciato creativo di Fedele all'interno della forma concertante e segna un momento decisivo a definire questo come uno degli aspetti peculiari della sua ricerca compositiva. Infatti, se è preceduto dal precoce Concerto per violino (1985), dal Concerto per viola (1990) e quello per pianoforte (1993), negli anni immediatamente successivi sarà seguito da molti altri lavori concertanti: un'altra pagina per violoncello e orchestra (Imaginary Depth), un secondo e definitivo Concerto per violino (1998-1999) e altre opere che impegnano come solisti la viola (L'orizzonte di Elettra), il flauto (Corda d'aria, Ruah), il clarinetto (Arco di vento, Flug), coppie di violoncelli (Dioscuri) e di pianoforti (De li duo soli et infiniti universi), fino ad arrivare a Est!, secondo Concerto per violoncello e orchestra (2005) e a Mosaïque per violino e ensemble (2008).
Ciò significa che egli ama confrontarsi con questo genere, uno dei più antichi e vitali della storia della musica occidentale. Un vero e proprio archetipo dal quale in epoche diverse sono scaturiti modelli diversi tra cui per lungo tempo è stato dominante quello della forma di sonata. Ecco dunque che per Fedele la forma concertante sembra costituire un terreno privilegiato sul quale fare i conti con la storia e, nello specifico, immaginare le proprie alternative per stabilire un rapporto dialettico fra il solo e il tutti. Conviene, a tale proposito, citare alcune sue frasi di esemplare chiarezza tratte da un'intervista relativa proprio al Concerto per violoncello e orchestra.
"Il concetto di 'risonanza', che coinvolge una serie di parametri del suono e della sua percezione, mi ha offerto la soluzione del problema: ho pensato di considerare l'orchestra come un grande spazio di risonanza, appunto, nel quale lo strumento solista si potesse proiettare con le sue figure assolutamente indipendenti, un ambiente che reagisse secondo varie modalità a quelle sollecitazioni, escludendo però la ripetizione e l'imitazione classiche. Uso, inoltre, il principio dell'associazione di idee: quando il solista sviluppa una o più figure l'orchestra reagisce per ogni tipo di figura in un modo ad esso corrispondente, sempre. Si generano così nel tempo aspettative che possono essere poi confermate oppure negate. L'orchestra è un ambiente di risonanza fisica ma anche psicologica, che fa lievitare, filtra o seleziona il suono del solista come uno strumento di elaborazione digitale del suono. Dal punto di vista costruttivo, l'archetipo psicoacustico della forma di sonata comporta la necessità di confermare attraverso l'elaborazione, nello sviluppo e nella ripresa, il materiale esposto all'inizio. Nei concerti ho cercato di realizzare qualcosa di analogo. Le figure, che costituiscono gli elementi minimi significanti della mia musica, sono poste in relazione secondo una logica armonica, ritmica, di registro. Nella prima parte che potremmo chiamare 'espositiva', le figure vengono articolate in modo da essere mescolate tra di loro secondo vari principi metrici di simmetria/asimmetria, continuità/discontinuità. In seguito esse vengono riordinate raggruppando di seguito le figure di una stessa famiglia, accomunate in genere da un medesimo campo armonico: qui si concentrano in un'unica fase uno 'sviluppo' e una 'ripresa'".
Il Concerto per violoncello e orchestra, pur non prevedendo alcuna separazione fra i movimenti, delinea un arco formale molto chiaro. Il primo tempo alterna un ampio episodio ("Calmo") basato su fluidi scivolamenti di figure fra legni e ottoni, con momenti nervosi e serrati ("Con impeto!, scherzando") condotti bravamente dal violoncello con figurazioni molto definite e incisive. Il secondo tempo, "Calmo", elabora un riflesso degli episodi lenti precedenti al quale si sovrappone un'intensa meditazione espressiva del solista, occasione per sorprendenti effetti di relazione timbrica con l'orchestra. Anche il terzo movimento, "Ritmo!", continua l'elaborazione delle figurazioni proposte nel tempo di apertura e procede spedito verso la conclusione che riserva un vero e proprio colpo di teatro. L'"Epilogo" compare infatti dopo un improvviso moto centripeto che sembra risucchiare tutta la sostanza sonora verso un unico punto. Qui il solista si rispecchia nel suo alter ego, che è il primo violoncello dell'orchestra, col quale imbastisce un dialogo-monologo ispirato al brano Allons, per voce e violoncello, composto l'anno precedente.
Si vedano anche Dioscuri (1997) e Imaginary Depth (1997).
a cura di Claudio Proietti
The Concerto for 'cello and orchestra continues Fedele's exploration of the concertante form and establishes the genre as one of the characteristic aspects of his compositional research. In fact, it was preceded by the early Concerto for violin (1985), the Concerto for viola (1990) and the one for piano (1993), and was destined to be followed by many other concertante works over the coming years: another work for 'cello and orchestra (Imaginary Depth), a second and definitive Concerto for violin (1998-1999) and other works that employ a solo viola (L'orizzonte di Elettra), flute (Corda d'aria, Ruah), clarinet (Arco di vento, Flug), and pairs of 'cellos (Dioscuri) and pianos (De li duo soli et infiniti universi), until arriving at Est!, his second concerto for 'cello and orchestra (2005) and Mosaïque for violin and ensemble (2008).
This would seem to imply that he enjoys tackling this genre, one of the oldest and most vital in the history of western music. A veritable archetype which in different periods has given rise to varying models among which that of the sonata form has long predominated. This is why for Fedele the concertante form seems to constitute the perfect terrain for coming to terms with history and, more precisely, contemplating his own alternative ways to establish a dialectic relation between the solo and the tutti. On this matter, it is worth quoting a few sentences that he expressed, with exemplary clarity, during an interview about the same Concerto for 'cello and orchestra.
"The concept of 'resonance', which involves a series of parameters of sound and its perception, offered me the solution to the problem: I thought of considering the orchestra as a large chamber of resonance, which the solo instrument could in fact project itself into with its totally independent figures, an environment that reacts in varying ways to these stimulations, but with the exclusion of any classical repetition and imitation. In addition, I use the principle of the association of ideas: when the soloist develops one or more figures the orchestra reacts to each type of figure in a way that corresponds to it, always. In this way, over time, expectations are generated that can be either confirmed or denied. The orchestra is a physical chamber of resonance, but also a psychological one, that allows the sound of the soloist to be worked, filtered or selected like a tool for the digital elaboration of the sound. As far as the structure is concerned, the psycho-acoustic archetype of the sonata form implies the need to confirm in the development and the recapitulation, the material presented at the beginning. In my concertos I have tried to do something similar. The figures, which constitute the minimal significant elements of my music, are set in relation to each other following the logic of harmony, rhythm and register. In the first part, which we might call 'expositional', the figures are presented so that they can be mixed together on the basis of various metric principles of symmetry/asymmetry, continuity/discontinuity. The figures are then rearranged into groups of the same family, related in most cases by a common harmonic field: here a 'development' and a 'recapitulation' are concentrated into a single phase".
Although there are no divisions between the various movements, the Concerto for 'cello and orchestra describes a very clear formal arc. The first movement alternates a broad episode ("Calmo") based on the fluid shifting of figures between the woodwind and brass, with moments that are more agitated and compact ("Con impeto!, scherzando") skillfully executed by the 'cello with well-defined and incisive figurations. The second movement, "Calmo", develops a reflection of the previous slow episodes, over which an intensely expressive meditation on the part of the soloist is superimposed, giving rise to remarkable effects of timbral relation with the orchestra. The third movement, "Ritmo!", also continues the elaboration of the figurations presented in the opening section and moves promptly towards the conclusion, which reserves a truly dramatic surprise. In fact, the "Epilogo" appears after a sudden centripetal gesture that seems to suck all the sonic substance towards a single point. Here the soloist is reflected by its alter ego, the first 'cello of the orchestra, setting up a dialogue-monologue inspired by the piece Allons, for voice and 'cello, written the year before.
See also Dioscuri (1997) and Imaginary Depth (1997).
by Claudio Proietti
Ivan Fedele - Scena - Ruah - Concerto (2003) fl. G. Pretto, vc. J.G. Queyras, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, dir. P. Rophé
|
· Woolf Peter Grahame, 'Fedele concertos review', in Musicalpointers.co.uk.
[link]