Quando si lavora sui testi di Beckett occorre restare fedeli a ciò che è scritto dall'autore perché nel testo sono presenti didascalie e indicazioni che si rivelano molto vincolanti. E tuttavia, vi sono margini d'interpretazione, margini di libertà. Nel caso di Words and Music, infatti, esistono diverse versioni musicali della pièce, composte da John Beckett, cugino del drammaturgo, Humphrey Searle e Morton Feldman, le quali mostrano interpretazioni molto diverse del personaggio di Music, per esempio, ma anche dell'atmosfera generale di una storia "impossibile". Per la prima volta, eccezionalmente, Beckett rinuncia in realtà a realizzare un personaggio (Music) affidandone il ruolo ad un ensemble strumentale. Le sue indicazioni contribuiscono piuttosto a stabilire l'arco formale della pièce, che include molti elementi musicali, sia a livello di testo recitato che a livello d'indicazioni agogiche: riprese, variazioni, ridondanze...
Nel comporre mi considero, pertanto, io stesso il personaggio di Music: non posso che essere io Music! Music, cioè al tempo stesso la scrittura musicale e il modo in cui io percepisco il testo. Words and Music è una storia tipica di Beckett: al centro vi sono la relazione servo-padrone (i servi sono due in questo caso) e la difficoltà di mettere in rapporto i diversi elementi dello spirito creatore: Music e Words non stanno molto bene "insieme". Nel pezzo esiste uno spazio comune, ma ciascuno ha difficoltà a esprimersi coi fonemi e il linguaggio dell'altro. Ad esempio, Words non canta, ma "cerca" di cantare, il che è molto diverso. Music cerca di indicargli il cammino, di dargli il sostegno adeguato per farlo cantare. Ma non ci riesce malgrado i numerosi tentativi. Questo è ciò che mi colpisce nel testo: i tre personaggi fanno un grande sforzo per capirsi, Music e Words da un lato, Croak e Words dall'altro, ma senza esito perché non condividono un progetto comune.
Il campionatore è uno strumento importante nell'economia della composizione, perché, oltre a fornire una ricca "palette" di suoni di sintesi che "arrotondano" e "modulano" il timbro dell'ensemble strumentale, interagisce con la recitazione degli attori in scena. Nel testo di Beckett non vi sono soltanto parole, ma anche gemiti e ringhi, urla e singhiozzi che sottopongo a elaborazione e ripropongo in tempo differito "suonandoli" come uno strumento. L'intento è quello di ottenere, grazie a questo espediente, un'estensione ed un incremento del potenziale musicale di queste sonorità che appartengono all'universo della lingua parlata.
Le pause indicate da Beckett sono tradotte talora in interventi strumentali, talaltra in silenzi veri e propri, altre volte ancora in un silenzio "semantico", un accordo tenuto, una risonanza, cioè una situazione in cui il discorso non evolve. Il silenzio è la punteggiatura della pièce. Occorre ricordare che la pièce è stata concepita originariamente per la radio. Un silenzio alla radio esprime un'enorme potenza. In scena, invece, quando vi è del silenzio, vediamo sempre un personaggio (musicista, cantante o attore che sia) "realizzare" questo silenzio: la vista riempie quel vuoto. Un silenzio alla radio non è colmato da nulla.
Ivan Fedele