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Organico: |
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(3.3.3.3. - 4.4.3.1. - 5 Perc. [2 Mr., 10 Ps., 2 Archetti di Vc. o Cb., 2 Cp., 12 Tot., 10 Wbl., 2 Vibr., Crot., 10 Tbl., 2 Log drums, Glock., Boo-bams, 2 Tp., 3 Dobaci, 2 G., Gc.] - Ar. - Pf. - A.: 16.14.12.10.8) |
Anno di composizione: |
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1997-1998 |
(c): |
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Suvini Zerboni 1998 |
Numero di catalogo: |
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11327 (partitura in vendita o disponibile con il materiale a noleggio e in visione)
11328 (materiale a noleggio) |
Commissioni: |
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Filarmonica della Scala |
Prima esecuzione: |
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Milano, Teatro alla Scala, 14.6.1998
Orchestra Filarmonica della Scala, dir. R. Muti |
Durata: |
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16" |
Scena fu la prima commissione nella storia di un'istituzione prestigiosa come l'Orchestra Filarmonica della Scala. Un riconoscimento importante dell'altissimo rilievo raggiunto da Ivan Fedele a quel punto della propria carriera, sottolineato dal fatto che lo stesso Riccardo Muti si incaricò dell'esecuzione.
La risposta del compositore a un invito così stimolante è, come sempre, coerente e lucida. Fedele non arretra di un metro rispetto ai propri convincimenti tecnico-estetici, ma, seguendo un metodo applicato in molte altre occasioni, lascia che la propria immaginazione sia influenzata dal luogo dove il brano dovrà essere eseguito e dalle peculiarità di chi lo interpreterà. Dunque la Scala, uno dei templi mondiali dell'opera italiana, induce anche lo spettatore 'sinfonico' a un'aspettativa teatrale in cui gli elementi squisitamente musicali "appaiono nel cosiddetto teatro della memoria come personaggi»". Risulta evidente come una simile sollecitazione vada a cogliere proprio uno degli aspetti più significativi e caratteristici del pensiero compositivo di Fedele. Abbiamo infatti già avuto modo di sottolineare ampiamente come la ricerca di processi elaborativi e figure musicali capaci di determinare il senso del "riconoscimento" nell'ascolto e di svolgere funzione di catalizzatori percettivi del flusso del tempo sia un perno fondamentale della sua vicenda creativa. Ecco così che il suo programma di lavoro per Scena si delinea come un progetto nel quale "le figure compositive, ben dettagliate e fortemente caratterizzate, si incontrano, si riuniscono, si organizzano in contesti differenti, così come potrebbero fare i personaggi di un'opera".
È evidente che il gioco si svolge poi su livelli di straordinaria complessità ben distanti dall'apparentemente semplice e meccanico processo indicato in queste parole. E ciò non solo sul piano linguistico e architettonico, ma anche su quello della percezione: la produzione di associazioni e la realizzazione di attività s'affidano spesso a una capacità percettiva inconscia che tutti noi possediamo e che il compositore conosce a fondo e utilizza con enorme sapienza.
Ciò non toglie, tuttavia, che il risultato sia una delle pagine più spettacolari e "accattivanti" di Fedele, come fu chiaro subito dalla reazione del pubblico alla 'prima' e come fu argutamente evidenziato dall'estensore del programma di sala pubblicato in quell'occasione il quale applicò alla partitura una scherzosa trama di schietto stampo melodrammatico basata esclusivamente sulle relazioni fra figure e nuclei tematici del lavoro.
Scena utilizza un vastissimo organico e lo dispone in modo da determinare una precisa drammaturgia spaziale del suono: archi a raggiera intorno al podio del direttore; pianoforte e arpa accoppiati al centro; legni e ottoni disposti in due file parallele; alle loro spalle le percussioni, divise in quattro gruppi; dietro a tutti e più in alto, il quinto gruppo di percussioni composto da timpani, grancassa, boo-bams, dobaci, gong.
Come in altri lavori, anche in Scena la classica tripartizione allegro-adagio-allegro è evidente all'ascolto pur se non segnata da vere cesure. La prima sezione parte con un "Calmo e meditativo" affidato al pianoforte che sembra corrispondere a una funzione introduttiva e invece scopriamo subito essere il primo dei tre elementi generatori di tutto l'organismo. Dal vorticoso alternarsi, relazionarsi e trasformarsi di poche figure base raggruppate in queste tre cellule, si sviluppa tutto il 'primo movimento' di Scena, un ininterrotto gioco di stampo teatrale con qualche colpo di scena come le apparizioni solistiche del violino. La seconda sezione appare indubitabilmente più calma anche se l'indicazione è "Un po' più mosso". Il fatto è che la pulsazione si stabilizza, il lavoro sulla finezza timbrica diventa quasi ossessivo (si trovano prescrizioni meticolosissime per gli strumentisti relativamente alla produzione di effetti particolari per quanto riguarda tuba, piatti sospesi, violoncelli e contrabbassi, clarinetto basso, arpa), lo spazio sonoro si dilata. Ci pare di riconoscere qui la cifra delle scene notturne cui Fedele ci ha abituato, con tutta l'emozione di vibrazioni appena afferrabili, le risonanze arcane (le brevi frasi solistiche del corno inglese e dei corni), le accensioni fulminee, il respiro solenne. Infine l'ultima sezione, una formidabile macchina cinetica in cui la struttura dello spazio orchestrale prevista dal compositore gioca un ruolo decisivo nel rendere percepibile il vorticoso movimento interno delle figure.
Interessante, infine, sarà citare ancora una volta l'autore a proposito di concetti che possono essere facilmente allargati a tutta la sua produzione aiutandoci a illuminarne il significato. "In Scena seguo due convinzioni di base: che si possa e si debba comunicare senso attraverso la musica e questo senso possa essere organizzato formalmente, lasciando al contempo che il folletto dell'immaginazione giochi un ruolo fondamentale nell'imprevedibilità con cui le diverse parti si concatenano e si organizzano. E che tanto l'intuizione quanto il raziocinio, dunque l'inventività e la struttura, siano elementi imprescindibili. Rinunciare all'uno o all'altro significherebbe creare qualche cosa di freddo e staccato o di confuso e non delineato".
a cura di Claudio Proietti
Scena was the first commission in the history of such a prestigious institution as the Orchestra Filarmonica della Scala. An important recognition of the highest order for Ivan Fedele at that point in his career, further underlined by the fact that it was Riccardo Muti himself who took on the first performance.
The composer's response to such a stimulating invitation was, as always, coherent and lucid. In writing Scena he did not yield an inch of the technical and aesthetic paths he had chosen to follow till then, but continued to apply the method he had used on numerous other occasions, allowing his imagination to be fired by the place where the piece was to be given and the peculiarities of those who would perform it. And in fact the setting of La Scala, one of the temples of Italian opera worldwide, would generally lead even the most ardent follower of purely orchestral music to expect some sort of theatricality, where elements that are strictly musical tend to "appear, in the so-called theatre of the memory, as characters". Such a consideration clearly accommodates what is one of Fedele's most significant and characteristic approaches to composition. We have already amply demonstrated how the search for elaborative processes and musical figures able to stimulate the sense of 'recognition' in the listener and to act as a catalyst for the perception of the flux of time is a fundamental cornerstone of his creative outlook. And this is why his blue-print for Scena reveals a project in which "the component figures, well defined and strongly characterized, encounter each other, join together and organize themselves in different contexts, just as the characters in an opera might do".
It goes without saying that the operation, which in reality takes place at levels of extraordinary complexity, is a far cry from the apparently simple and mechanical process suggested by these words. And not only from a linguistic and architectonic point of view, but also that of perception: the production of associations and the creation of activity often rely on an unconscious perceptual capacity possessed by all of us that the composer is very familiar with and uses with great knowing.
This does not, however, detract from the fact that the result is one of Fedele's most spectacular and 'captivating' works, as was immediately clear from the reaction of the audience at its première and as was wittily underlined by the writer of the programme-notes published for the occasion, who assigned to the score a jocular plot with a clear melodramatic stamp based exclusively on the relations between the figures and thematic nuclei of the work.
Scena employs vast forces and arranges them so as to obtain a specific spatial dramaturgy for the sound: the strings in rays around the conductor's podium; the piano and harp together in the centre; the woodwind and brass set in two parallel rows; behind them the percussion, divided into four groups; and behind them all a fifth group made up of the timpani, bass drum, boo-bams, dobaci and gongs.
As in other works, Scena too embraces the classic three-part sequence allegro-adagio-allegro which can be clearly perceived even though it is not marked by any actual breaks. The first section starts with a "Calmo e meditativo" on the piano that at first seems to act as an introduction but soon turns out to be the first of the three generating elements nurturing the whole organism. Out of the frenzied alternation, interrelation and transformation of a few basic figures grouped within these three cells, emerges the entire 'first movement', an uninterrupted play of theatrical stamp with the occasional coup de scène such as the unexpected interventions of a solo violin. The second section is unquestionably calmer despite the marking "Un po' più mosso". The fact is that the pulsation becomes stabilized, the work on the refinement of the timbre becomes almost obsessive (the players are given extremely meticulous instructions for the production of particular effects on the tuba, suspended cymbals, 'cellos and double basses, bass clarinet, harp) and the sonic space spreads out. There is something here reminiscent of the nocturnal scenes to which Fedele has accustomed us, with all the emotion of the barely perceptible vibrations, the arcane echoes (the brief solo phrases on the cor anglais and the horns), the sudden flares, the solemn pace. The last section is a formidable kinetic machine in which the arrangement of the orchestral space as stipulated by the composer plays a decisive role in rendering perceptible the frenetic movement within the figures.
Finally, it is worth quoting once more the words of the composer regarding concepts that can be readily extended to the whole of his output, thus shedding light on its meaning. "In Scena I follow two basic convictions: that sense can, and must, be conveyed through music and that this sense can be organized formally, but at the same time allowing space for the sprite of imagination to play a fundamental role in the unpredictability with which the various parts are linked and organized. And that intuition and rationality, that is inventiveness and structure, are both indispensable elements. To renounce the one or the other would mean creating something cold and aloof or confused and non linear".
by Claudio Proietti
Ivan Fedele - Scena - Ruah - Concerto (2003) fl. G. Pretto, vc. J.G. Queyras, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, dir. P. RophéStradivarius STR 33650
| Scenaper orchestra
Ruahper flauto e orchestra
Concertoper violoncello e orchestra
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· Sung Young Park (2016), 'Ars Nova', in Oh My News, 13, apr., [kr].
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· Gervasoni Arturo, Directionnalités dans la musique d’Ivan Fedele, corso di Musicologia, Université Rennes 2 - Haute Bretagne, 2007, relatore Hervé Lacombe.
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· Woolf Peter Grahame, 'Fedele concertos review', in Musicalpointers.co.uk.
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· Foglesong Scott, 'Fedele: Scena', in San Francisco Symphony.
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| Intervista a Ivan Fedele per la prima di 'Scena'1998 | Orchestra Filarmonica della Scala, dir. Riccardo Muti, 21 giugno 1998 |
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| Ivan Fedele - Scena (1/2)1998 | Orchestra Filarmonica della Scala, dir. Riccardo Muti, 21 giugno 1998 |
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| Ivan Fedele - Scena (2/2)1998 | Orchestra Filarmonica della Scala, dir. Riccardo Muti, 21 giugno 1998 |
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