Est! Secondo concerto per violoncello e orchestra da camera |
Organico: | (1.0.1.1. - 1.0.0.0. - Pf. - A.: 2.2.2.2.2) | |
Anno di composizione: | 2005 | |
(c): | Suvini Zerboni 2005 | |
Numero di catalogo: | 12599 (partitura in vendita o disponibile con il materiale a noleggio e in visione)
12600 (materiale a noleggio) |
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Commissioni: | Teatro Lirico, Cagliari | |
Prima esecuzione: | Cagliari, Teatro Lirico, 7.5.2005
vc. A. Descharmes, Sinfonietta del Teatro Lirico, dir. V. Parisi |
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Durata: | 23' | |
Ivan Fedele non è nuovo a esperienze di rivisitazione e rielaborazione dei propri brani. Abbiamo già avuto modo di indicarlo in qualche occasione e lo faremo ancora più avanti. D'altronde sono proprie del suo lessico compositivo le tecniche della risonanza, della rifrazione, del cambiamento di prospettiva e dunque trasformare la forma e la sostanza di una pagina precedente significa, in pratica, estendere al complesso della sua opera gli stessi procedimenti applicati alla forma interna di ogni singola composizione. In qualche caso il riferimento è evidente, in altri più intimo e 'segreto' e dunque può sfuggire anche a un'osservazione superficiale.
Nel caso di Est! invece il procedimento è addirittura esplicitato nel sottotitolo attraverso la storica espressione francese d'apres. Dunque Est! deriva da Levante, pagina composta nel 2000.
Prima di tutto, però, affidiamoci alle significative parole che il compositore dedicò a questo brano al momento della sua prima esecuzione.
"Est! è il mio secondo concerto per violoncello e orchestra. In esso confluiscono diverse esperienze compositive nelle quali mi sono cimentato finora. Innanzi tutto l'esperienza della spazializzazione: l'orchestra, infatti, è composta da un doppio quintetto d'archi, questa volta disposto in maniera non stereofonica ma 'prospettica'. Il secondo quintetto d'archi è collocato dietro al primo e il suo utilizzo è mirato a dare profondità, oltre che spessore, all'ambiente di risonanza col quale il solista si mette in relazione. Sempre a proposito di risonanza, il pianoforte d'orchestra svolge un ruolo fondamentale di 'filtro', in quanto seleziona e lascia vibrare come 'tracce' alcune note significative del brano, secondo una metafora che mi sta molto a cuore e che un po' è suggerita dallo stesso titolo, ovvero quella del vento che polverizza nell'aria le creste dell'onda durante una burrasca. Sempre il titolo ci rimanda a un suono e a profili 'figurali' di suggestione, più che ispirazione, orientali: modalità, microtoni, modi d'attacco, colori, e così via. Nella dialettica solo-tutti entrano in gioco anche quattro strumenti a fiato (flauto, clarinetto, fagotto e corno), disposti nel fondo della sala sulla destra, ovvero in diagonale rispetto alla posizione convenzionale del solista, i quali svolgono la stessa funzione 'prospettica' del secondo quintetto, ma in maniera asimmetrica e quindi meno neutra e più eccentrica. La composizione comincia con una cadenza del violoncello tramite la quale il solista esplora tutto il registro dello strumento che verrà utilizzato nel corso della composizione. Si tratta di una sorta di investigazione preliminare che parte dal minimo dato naturale disponibile: le corde vuote e gli armonici naturali che su di esse si possono ottenere sin verso il ponticello. Dal punto di vista formale si individuano poi quattro grandi episodi che confluiscono l'uno nell'altro senza soluzione di continuità, connotati da caratteristiche armoniche assai differenziate, le quali alternano zone estremamente 'cromatiche' nei passaggi virtuosistici e modali/spettraliste nei passaggi melodici. Un'eccezione a questa logica interna la troviamo nella seconda parte, nella quale spettralismo e cromatismo si fondono in una combinazione di colori estremamente vivida".
Come entra Levante in tutto ciò? Innanzitutto attraverso procedimenti già noti. L'amplificazione dell'ambiente in cui si muove il violoncello solista (dal semplice quintetto d'archi a un'orchestra in cui il secondo quintetto e il gruppo dei fiati giocano un ruolo autonomo, mentre il pianoforte prende il posto del cymbalom) non significa creazione di 'raddoppi', ma moltiplicazione delle linee, delle risposte, delle azioni e reazioni. Ma, ed è questa la peculiarità di Est!, la matrice non è 'frullata' in una nuova forma, bensì ne è 'inglobata', entra a farne parte mantenendo la sua integrità, solo trovando nuovi presupposti e nuove vie d'uscita per le sue linee di tensione. Dopo la cadenza iniziale del solista già ricordata dall'autore, che porta l'indicazione, mutuata dal lessico etimologico, "Apax legomenon" cioè "espresso una sola volta", l'"Inquieto" segna l'avvio di un movimento teso e scattante, una vera e propria introduzione orchestrale all'ingresso del solista che avviene a battuta 25 ("Volante!") su incessanti figurazioni di sestine in trentaduesimi. Altri due episodi diversi e, all'improvviso, ma del tutto naturalmente, entriamo dentro Levante che viene proposto nella sua integrità (ma con le trasformazioni già dette) per 126 battute. Altrettanto coerente con il processo compositivo è l'uscita che avviene con un nuovo episodio "Volante!" derivato dal precedente. A battuta 246, con l'indicazione "Tempo I", rientriamo nel corpo di Levante per avviarci alla conclusione con la medesima epifania melodica che già caratterizzava l'originale, prima del frusciante addio.
a cura di Claudio Proietti
The experience of revisiting and reworking previously written pieces is not new to Ivan Fedele. Various instances have already been mentioned and others will be dealt with later. The techniques of resonance, refraction and change of perspective are, in any case, an integral part of his personal compositional lexicon and so transforming the form and substance of a previous work means, in practice, extending the same procedures applied to the internal form of each single work to the whole of his output. In some cases the reference is clear, in others it is more intimate and 'secret', and thus may escape any superficial observation.
In the case of Est!, however, the procedure is actually stated in the subtitle, where we find the French expression d'apres. And so Est! derives from Levante, a piece written in 2000.
First of all, though, let us consider the significant words written by Fedele for its first performance. "Est! is my second concerto for 'cello and orchestra. It incorporates many different compositional elements that have characterized my work till now. Above all, my entire work on spatialization: the orchestra, in fact, consists of a double string quintet, this time arranged not in a stereophonic but a 'perspective' manner. The second string quintet is located behind the first and its use is aimed at giving depth, as well as thickness, to the environment of resonance with which the soloist establishes a relationship. Still on the subject of resonance, the orchestral piano plays a fundamental role as a 'filter', in that it selects certain significant notes and makes them vibrate like 'traces', employing a metaphor that I am very fond of and that is hinted at in the title itself, namely that of the wind that scatters the crests of the wave into the air during a storm. And the title could also be said to evoke the sound and 'figural' profiles of oriental music, even if this is more a matter of suggestion than of direct inspiration: modalities, microtones, types of attack, colours, and so on. The solo-tutti dialectic also involves the four wind instruments (flute, clarinet, bassoon and horn), placed at the back of the hall to the right, that is to say diagonally with respect to the conventional position of the soloist, and with the same 'perspective' role as the second quintet but in a more asymmetric manner and thus neutral and more eccentric. The composition starts with a cadenza on the 'cello in which the soloist explores the entire register of the instrument that will be used during the course of the composition. It is a sort of preliminary investigation that starts from the minimum natural datum available: the open strings and the natural harmonics that can be obtained on them in the direction of the bridge. As far as the form is concerned, four broad episodes can be identified that run into each other as one continuous movement, each characterized by quite different harmonics, that alternate between zones that are extremely 'chromatic' in the virtuoso passages and modal/spectralist in the melodic passages. An exception to this rule can be found in the second part, where spectralism and chromaticism blend in a combination of extremely bright colours".
How does Levante fit into all this? In the first place through procedures that we are already familiar with. The expansion of the environment within which the 'cello soloist moves (from the simple string quintet to an orchestra where the second quintet and the group of wind instruments have an autonomous role, while the piano takes the place of the cymbalom) does not imply the creation of 'doublings', but rather the multiplication of the lines, the responses, the actions and reactions. However, and this is the peculiar feature of Est!, the matrix is not 'whipped' into a new form, but is rather 'englobed' within it, becomes part of it while allowing it to maintain its integrity, simply finding new suppositions and new escape routes for its lines of tension. After the soloist's opening cadenza mentioned above by the composer, bearing an indication borrowed from etymology, "Apax legomenon", in other words "expressed just once", the "Inquieto" marks the arrival of a tense and snappy episode, a veritable orchestral introduction to the entrance of the soloist that occurs at bar 25 ("Volante!") against incessant thirty-second note sextuplet figurations. This is followed by two more different episodes and then suddenly, but quite naturally, we find ourselves inside Levante, which is played in its entirety (but with the previously-mentioned transformations) for 126 bars. Equally coherent with the compositional process is the exit that takes place with a new episode, marked "Volante!", derived from the previous section. At bar 246, "Tempo I", we come back into the body of Levante in order to head towards the conclusion with the same melodic epiphany that already characterized the original, before the whispered farewell.
by Claudio Proietti