Il giardino di giada, scritto originariamente per l'oboista Pietro Borgonovo, subì una scrupolosa revisione nel 1991 quando l'autore ne realizzò una seconda versione per flauto in sol e trio d'archi. Il titolo fa riferimento agli spazi favolosi del palazzo imperiale di Pechino, luoghi ricchi di magìa e di mistero, riservati esclusivamente alla figura divina dell'imperatore. Alcuni di questi giardini erano progettati per esaltare i poteri della pietra di giada che i cinesi veneravano come simbolo di purezza e della potenza imperiale e credevano capace, per i suoi poteri magici, di ispirare pensieri sublimi in chi la contemplasse. L'architettura vegetale del giardino era oggetto di studi assai elaborati, volti a valorizzare i significati simbolici delle diverse geometrie e colorazioni che il giardino assumeva con il trascorrere delle stagioni e l'avvicendarsi delle fioriture.
Sull'animo del visitatore stupefatto e totalmente assorbito dalla contemplazione, si riflettono gli intrichi delle foglie e i bagliori luminosi dei fiori. Ma poi, sempre più incisivamente, sarà lui stesso, con la propria immaginazione e con la propria mente, a dar forma alla visione e ordine a quell'universo.
Fedele affida alla calda tonalità dell'oboe d'amore (o del flauto in sol) le emozioni di questo immaginario visitatore ri-creatore, mentre alle vibrazioni sottili degli archi spetta il compito di riflettere le duttili e capillari geometrie della flora.
a cura di Claudio Proietti
Il giardino di giada, written originally for the oboist Pietro Borgonovo, underwent a thorough revision in 1991 when the composer made a second version for flute in G and string trio. The title makes reference to the fabulous gardens of the imperial palace in Peking, places full of magic and mystery, reserved exclusively for the divine figure of the emperor. Some of these were designed to exalt the powers of jade, a stone venerated by the Chinese as a symbol of purity and imperial prowess, believing that its magical powers could inspire sublime thoughts in those who contemplated it. The arrangement of the plants in the garden was the object of quite elaborate studies, aimed at exalting the symbolic meanings of the different shapes and colours that the garden assumed with the passing of the seasons and the succession of flowerings.
Reflected upon the soul of the of the visitor, who is amazed and totally absorbed in contemplation, are the intricacies of the leaves and the shining brightness of the flowers. But then, with increasing incisiveness, it is that very person who, with his own imagination and mind, gives form to the vision and order of that universe.
Fedele chooses the warm tone of the oboe d'amore (or the flute in G) to reflect the emotions of this imaginary visitor and re-creator, while the task of invoking the ductile and wide-ranging geometries of the flora is entrusted to the subtle vibrations of the strings.
by Claudio Proietti