Modus deve il suo titolo alla particolare economia intervallare - un nucleo germinativo di tre note - che definisce una modalità caratterizzando così il parametro melodico e armonico del brano e, di conseguenza, anche il suo ambiente timbrico. Questa scelta di partenza, che si propone come stimolo all'invenzione in quanto ne disegna i confini, è seguita con coerenza da unarchitettura formale estremamente lineare.
Essa risulta articolata in sei sezioni definite da due diversi procedimenti compositivi: da una parte la contrapposizione continua di caratteri opposti (lirico-meditativo e vivace-virtuoso), dall'altra la variazione che attraverso riletture, glosse, parafrasi e fioriture differenzia i pannelli che compongono il quadro complessivo dell' opera.
Al vertice di Modus si pone un Corale in cui due strumenti (clarinetto basso e vibrafono) si riflettono nell'archetipo accomunandosi in un dettato tendenzialmente omoritmico e tuttavia flessibile nellincedere, punteggiato da poli (pseudo)cadenzali con relative fermate. Conclude il lavoro un minuscolo commentario, a mo di coda, che riallinea, in rapida sequenza, tutti i gesti salienti esposti nelle sezioni di apertura.
a cura di Claudio Proietti
Modus owes its title to the particular economy of intervals a germinative nucleus of three notes defining a 'modality' that characterizes the melodic and harmonic parameters of the piece and, as a consequence, also its timbral environment. This chosen starting-point acts as a stimulus for invention in that it sets precise limits and is followed consistently by an extremely formal architecture.
It is divided into six sections defined by two different compositional procedures: on the one hand the continuous contraposition of two opposing characters (lyrical-meditative and lively-virtuoso), on the other the variation through re-readings, glosses, paraphrases and embellishments that differentiates the panels which make up the overall frame of the work.
At the apex of Modus we find a Chorale in which two instruments (bass clarinet and vibraphone) merge within the archetype in a style that is basically homorhythmic but nevertheless flexible, punctuated by (pseudo)cadential poles with relative fermata signs. The work concludes with a very brief commentary, like a coda, that realigns, in rapid sequence, all the main ideas presented in the opening sections
by Claudio Proietti